DCA, una patologia grave ma ancora sottovalutata

Dall’Anoressia al Binge Eating Disorder, diverse le forme della malattia

I DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare o Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione) sono patologie molto gravi, che possono portare anche alla morte. Sono diffusi soprattutto nell’età giovanile, ma le fasce coinvolte si stanno ampliando, con un’incidenza dei sintomi in aumento riscontrata sia nei bambini sia negli adolescenti-adulti. Sono caratterizzate da comportamenti alimentari anomali sostenuti da un’eccessiva importanza data a cibo/aspetto/peso e al loro controllo, con ricadute importanti dal punto di vista della salute mentale e fisica e compromissione della qualità della vita.

“Si tratta di disturbi in realtà ancora poco conosciuti - spiega la dottoressa Patrizia Todisco, responsabile dell’Unità di Riabilitazione Psiconutrizionale per i Disturbi dell’Alimentazione di Villa Margherita (Arcugnano, Vicenza) -. Nelle scuole di medicina e specializzazione, i DCA sono stati per molto tempo considerati poco interessanti dal punto di vista clinico, ma in realtà si tratta di patologie psichiatriche sempre più diffuse nella società contemporanea”.

I Disturbi del Comportamento Alimentare sono patologie sottovalutate?

“Rispetto alla loro reale prevalenza, non sono molti i pazienti affetti da Disturbi dell'Alimentazione che si rivolgono ai centri di cura e agli specialisti per una diagnosi. Si tende, per vergogna, ignoranza e paura a nascondere la malattia, a non riconoscerla, con il rischio che gli stessi medici tardino a diagnosticarla”.

Quali sono i disturbi dell’ alimentazione più conosciuti?

“La forma più nota è l'Anoressia Nervosa, perché molto visibile. La caratterizzazione classica del paziente tipico lo vede descritto come uno “scheletro rivestito di sola pelle”.  Però, in realtà, è molto più diffusa la Bulimia Nervosa, e ancor di più il Binge Eating Disorder (disturbo da alimentazione incontrollata), patologia in cui le persone che ne soffrono assumono una quantità enorme di cibo, senza poi compensare con digiuni o con altri metodi di compenso, e tendono a diventare grandi obesi.

Un disturbo, inoltre, che è sempre più oggetto di studio è l’ARFID, acronimo di Avoidant restrictive food intake disorder (Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo). Si manifesta con l'evitamento del cibo e si riscontra sia nei bambini sia negli adulti. In questo caso, la restrizione alimentare, diversamente da quanto accade nell’Anoressia Nervosa, non è tanto legata al desiderio di magrezza ma ad altre ragioni: la paura, il timore che succeda qualcosa quando si mangia, ad esempio soffocare o avere difficoltà a deglutire; un disinteresse nei confronti del cibo; un rifiuto del cibo per il suo aspetto (es. non piacciono le caratteristiche, la densità, il colore di certi alimenti).

Un'altra forma di Disturbi dell'Alimentazione che non è ancora stata riconosciuta ufficialmente e di cui si stanno studiando i criteri diagnostici, ma si sta diffondendo tra le persone adulte, è l'Ortoressia Nervosa, ovvero la ricerca ossessiva e l’assunzione esclusiva di cibo considerato sano, non contaminato per cercare di evitare possibili malattie e salvaguardare la propria salute.  L’alimentazione ortoressica portata all'estremo può provocare anche gravi deficit nutrizionali e compromettere la vita relazionale e sociale.”

Le 9 verità sui disturbi del comportamento alimentare

I DCA sono una patologia più maschile o femminile?

“I Disturbi Alimentari sono più diffusi nel sesso femminile, anche se il trend si sta riducendo con un’incidenza/prevalenza del sesso maschile in aumento. Dipende anche dalla patologia che consideriamo. Se parliamo di Anoressia nervosa e Bulimia nervosa, sono indubbiamente disturbi più diffusi tra le donne. Nel Binge Eating Disorder (disturbo da alimentazione incontrollata) la prevalenza è simile nei due sessi maschile e femminile. Le patologie caratterizzate maggiormente da aspetti di tipo ossessivo, come l'Ortoressia Nervosa o l’ARFID sono, invece, più presenti nel sesso maschile.”

Ci sono fattori di predisposizione ai DCA?

“I Disturbi Alimentari hanno un’eziopatogenesi multifattoriale, per cui esistono fattori predisponenti, tra cui anche  fattori genetici, fattori precipitanti e fattori di mantenimento. Grazie agli studi di genetica recenti, questi disturbi sono stati definiti “patologie metabolico-psichiatriche”. L’anoressia nervosa, per esempio, ha dei geni in comune con il disturbo ossessivo compulsivo e i soggetti che ne sono affetti sembrano avere una predisposizione genetica al basso peso corporeo.

Ci sono poi fattori predisponenti individuali, familiari, ma anche socio-culturali: i Disturbi Alimentari sono più comuni nella cultura occidentale, così come in ambienti urbani piuttosto che rurali. I fattori predisponenti o di rischio sono il substrato su cui si inseriscono fattori precipitanti di vario tipo (situazioni stressanti) che portano alla destabilizzazione dell’equilibrio dell’individuo, con un conseguente sviluppo del disturbo alimentare.”

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Si può parlare di guarigione?

“Nei Disturbi del Comportamento Alimentare è difficile definire che cos'è la guarigione, perché spesso la modalità controllante sul cibo e sul peso è una tendenza che i pazienti continuano ad avere nella loro esistenza e situazioni di stress (vedi il COVID-19) possono portare alla riattivazione di un DCA anche dopo molti anni dalla sua remissione.

Si può comunque guarire da un Disturbo del Comportamento Alimentare ovvero non avere più al centro della propria attenzione e della propria vita cibo/peso/aspetto e loro controllo. Le statistiche dicono che circa un terzo dei pazienti guarisce; un terzo migliora; un terzo peggiora o mantiene una patologia che tende alla cronicizzazione.”

Come hanno inciso gli anni del COVID-19 su questi disturbi alimentari?

“Il COVID-19 è stata un’esperienza distruttiva per la salute mentale. Per quanto riguarda i Disturbi del Comportamento Alimentare, ha accelerato l’insorgenza di nuovi casi che probabilmente si sarebbero sviluppati negli anni ed è stato come un esperimento di stress in vivo. È stato rilevato un aumento di nuovi casi come pure il peggioramento di casi già attivi, come pure un’incidenza crescente nei giovanissimi.

Abbiamo visto moltissimi ragazzi/e, intorno ai 12/13 anni, che con l'idea di mettersi in forma durante il lockdown in casa, hanno cominciato a restringere l’alimentazione, a fare molta attività fisica, perdendo nel giro di pochissimo tempo anche trenta chili.

Va aggiunto che chi soffriva già di Disturbi del Comportamento Alimentare, ma stava migliorando, è peggiorato.  L’isolamento, la grande esposizione ai social media, la precarietà e i problemi che il periodo trasmetteva, sono tutte condizioni che hanno influito in modo negativo. I Disturbi dell'Alimentazione sono patologie in cui le persone hanno bisogno di controllare il cibo e il peso, ma in realtà questa è una modalità per cercare di controllare la vita e le emozioni. Il COVID-19 ha generato un senso di insicurezza, di imprevedibilità e solitudine che le ha fatte sentire spiazzate, prive di qualsiasi capacità di controllo.” 

Dal punto di vista clinico e sanitario, come si può dare risposta a queste patologie?

“Sono patologie che non hanno ancora una terapia gold standard. Però tutte le linee guida internazionali e nazionali riconoscono nella multidisciplinarietà e nell'integrazione dei vari trattamenti la risposta più adeguata.
La terapia d'elezione dovrebbe essere il trattamento ambulatoriale, ma per un certo numero di persone è necessario un ricovero riabilitativo.

Può essere sia un ricovero riabilitativo intensivo, come quello dell’Unità Disturbi dell'Alimentazione di Villa Margherita, oppure un trattamento intensivo di tipo comunitario, che ha una durata più lunga e permette ai pazienti di reinserirsi pian piano nella vita quotidiana.

Una rete di strutture per rispondere ai DCA

Neomesia sta mettendo in rete una serie di strutture che si occupano di Disturbi del Comportamento Alimentare, proprio per cercare di offrire una risposta a queste patologie che in Italia non sono ancora adeguatamente trattate. L’idea di costituire un network di centri specializzati è interessante perché potrebbe permettere di prendere in carico pazienti con caratteristiche ed esigenze diverse, collocandoli nella struttura più adeguata, con competenze specifiche e percorsi personalizzati.”

2023-03-21