Un’emergenza nell’emergenza: testimonianza di un medico

In questo periodo di emergenza sanitaria per il COVID-19, i Disturbi dell’Alimentazione (DA) non hanno rallentato la loro diffusione

L’Unità di Riabilitazione Psico-nutrizionale per i Disturbi dell’Alimentazione della Casa di Cura Privata, Convenzionata con il SSN, "Villa Margherita" di Arcugnano (VI), è costituita da un Reparto ospedaliero in cui è possibile effettuare trattamenti in regime di ricovero ordinario (20 posti letto) e in Day Hospital intensivo (in media 10 pazienti al giorno, dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 19).

I Disturbi dell’Alimentazione (DA) costituiscono un’emergenza essi stessi, poiché portano a grave compromissione dello stato di salute fisica e mentale che può condurre alla morte e, in una percentuale non indifferente di casi, necessitano lunghi periodi di ricovero riabilitativo (almeno 2-3 mesi) in strutture specialistiche. In questo periodo di emergenza sanitaria per il COVID-19, i DA non hanno rallentato la loro diffusione, soprattutto tra gli adolescenti e i giovani adulti, e semmai si sono esacerbati in un momento in cui la percezione di perdita di controllo sulla propria esistenza è dilagante e porta a tentare di controllare in modo ancor più rigido e perfezionistico quello che la nostra società ci invita a controllare, illudendoci di poterlo fare: il cibo, il peso, l’aspetto.

Le richieste di ricovero riabilitativo presso l’Unità per i DA di Villa Margherita non sono quindi diminuite in questo periodo sia perché l’incertezza del futuro, la paura, il senso di impotenza, il distanziamento sociale e la convivenza forzata in ambienti spesso conflittuali può aver favorito l’insorgere o il riacutizzarsi di queste patologie sia perché non tutte le strutture riabilitative per i DA sono rimaste operative.

L’équipe multidisciplinare integrata dell’Unità per i DA di Villa Margherita, dopo un primo momento di smarrimento e incertezza, si è ripensata nelle modalità terapeutiche in senso teorico e operativo e ha deciso di continuare l’attività a tutti i livelli di cura per garantire un servizio per tanti pazienti indispensabile e improrogabile, adattando gli interventi terapeutici alle norme di sicurezza richieste (rispetto delle distanze di sicurezza, uso di mascherine, sanificazione degli ambienti, sospensione dei permessi di uscita e delle visite da parte dei familiari, ecc.) e necessarie a far diventare la nostra Unità una sorta di fortino difensivo per i pazienti contro il COVID-19 .

Tutti i cambiamenti adottati sono stati spiegati, per quanto riguardava le motivazioni che li richiedevano e le norme di applicazione, con chiarezza e trasparenza. La tempestività di questa comunicazione ha contribuito a far sperimentare protezione e accudimento, e ha aumentato cooperazione e senso di responsabilità nei nostri pazienti. Alcuni di loro hanno riportato tuttavia difficoltà ad accettare l’uso della mascherina da parte degli operatori dell’équipe e di loro stessi: non vedere l’espressione del viso dell’altro nella sua completezza alimenta vissuti di sospetto, paura del giudizio e una sensazione di perdita di controllo, oltre a far rivivere in pazienti con storie traumatiche situazioni di pericolo passate e talvolta innescare crisi d’ansia a partire dalla sensazione di soffocamento mascherina-relato.

La sospensione delle visite da parte dei familiari ha aumentato in taluni il livello di ansia per non poter controllare la situazione esterna, alimentando un immaginario catastrofico o un senso di irrealtà.

Questi vissuti angoscianti ma del tutto comprensibili in un momento così difficile, che i pazienti conoscono e di cui risentono solo in modo indiretto attraverso i racconti telefonici dei familiari e le misure di sicurezza messe in atto, sono stati espressi sia liberamente sia attraverso specifiche richieste da parte dei terapeuti in setting individuali e gruppali; ciò ha permesso ai pazienti di sentirsi ascoltati e rassicurati rispetto le loro paure. Nonostante i cambiamenti, tenendo conto della rigidità cognitiva e delle fragilità di base, i pazienti sembrano aver attivato alcune risorse, di cui erano inconsapevoli e non avevano espresso finora, che hanno permesso un buon adattamento.

Gli operatori del team di cura hanno rappresentato e rappresentano un punto di contatto con l’esterno e fungono da mediatori tra la realtà del ricovero e il nuovo scenario universale. La relazione terapeutica, come veicolo di speranza individuale, di allenamento al coping e di connessione con l’altro, si è confermata prioritaria in questa situazione di emergenza.

Patrizia Todisco
medico chirurgo, psicoterapeuta, specialista in medicina interna e psichiatria
responsabile Unità di riabilitazione psico-nutrizionale per i DCA, Casa di Cura Villa Margherita Arcugnano (VI)

2020-04-14