I disturbi di personalità rappresentano una categoria molto ampia che comprende quei disagi psichici caratterizzati da una componente psicologica in disequilibrio, con associate alterazioni dello stato comportamentale.

Ne soffrono comunemente persone con caratteristiche di fragilità psicologica e tendenza a cadere in stati di angoscia o depressione, con difficoltà a mettersi in relazione con gli altri e con se stessi. Il quadro è aggravato da un elevato rischio di dipendenze e abusi di sostanze.

Il disturbo di personalità più diagnosticato è il disturbo borderline. È un disturbo del carattere che si presenta già in adolescenza (16-18 anni) caratterizzato da squilibrio emotivo, cambiamento repentino dell’umore, mancanza di capacità interazionale e impulsività.

I soggetti affetti dal disturbo borderline di personalità presentano disregolazione affettiva con improvvisi attacchi di rabbia, ansie intense ed episodiche, instabilità nella percezione di sé e degli altri, mancanza di controllo dei comportamenti, tendenze autolesive e rischio suicidario.
L’instabilità legata al disturbo può portare all’abuso di sostanze (tossicodipendenza) e di alcol, o ad altre dipendenze (es. gioco d’azzardo, shopping compulsivo, uso ossessivo di internet), a disturbi alimentari e a promiscuità sessuale (poiché per persone affette da questo disturbo hanno difficoltà a gestire il proprio corpo).

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Il disturbo borderline si struttura in età precoce e si presenta in modo subdolo quindi non sempre è facile da riconoscere.
Il paziente border ha difficoltà a regolare le emozioni e a riconoscere di avere una problematica che riguarda vari aspetti della personalità (sfera cognitiva, affettiva e relazionale) e che determina un disagio significativo per sè e per le persone che lo circondano.
Generalmente i famigliari se ne accorgono perché notano un cambiamento nel comportamento della persona colpita, nell’andamento scolastico o lavorativo, nonché nella sua personalità, con un principio di atteggiamenti autolesivi.

L’intervento terapeutico è di tipo combinato ovvero associa la somministrazione di farmaci all’intervento psicoterapico, seguendo programmi specifici che portano il paziente ad avere consapevolezza della malattia (molto importante ai fini della prevenzione dei fattori che possono determinare una ricaduta) e fornendogli strumenti di autoregolazione che gli permettano di tornare a inserirsi nel contesto sociale, familiare e lavorativo di provenienza.

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Zand Karimi Piruseh

Psichiatra

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