La relazione terapeutica ai tempi del Covid

Mascherine, distanziamenti, ambienti rivisitati, modalità operative riorganizzate. La pandemia ha influito inevitabilmente in questi mesi sul rapporto tra operatori sanitari e pazienti mettendo in discussione metodi tradizionali e consolidati nella gestione delle terapie. “Sono cambiati diversi aspetti che stanno alla base dei processi di comunicazione - spiega Cosimo Argentieri, Direzione Medica e Qualità Area Psichiatria Gruppo Kos - , abbiamo dovuto ripensare all’improvviso le modalità di relazione e trovare soluzioni alle quali ci siamo dovuti adattare rapidamente”.

Quali cambiamenti il Covid-19 nella relazione terapeutica?

"In primis è venuta meno, per il distanziamento, la forza e l'alchimia del contatto diretto: le mascherine e i dispositivi di protezione individuali riducono notevolmente la possibilità di utilizzare l'osservazione e le emozioni che traspaiono dal corpo e che facilitano la realizzazione dell'empatia. Venendo meno la lettura dell'espressione del viso, che ha un ruolo importante nel dialogo con il paziente o il famigliare, l'operatore sanitario deve compensare migliorando il linguaggio verbale. Il distanziamento fisico ha indotto, inoltre, un'accelerazione nell'uso delle tecnologie. Attraverso i-pad, smartphone, computer e piattaforme informali come whatsapp, si è cercato di recuperare le distanze, alleviare l'isolamento, dare continuità alle terapie sia pure a distanza".

La tecnologia ha assunto quindi un ruolo centrale, quali sono i benefici?

"La tecnologia non si può considerare sostitutiva della relazione terapeutica vis à vis, ma va intesa come affiancamento e può integrare il lavoro terapeutico. L'emergenza sanitaria da Covid-19 ne ha fatto emergere con forza la sua utilità. In un periodo come quello del lockdown, potersi mettere in contatto con un medico, anche virtualmente tramite uno schermo, per i pazienti è stato un elemento di rassicurazione. Sono stati possibili percorsi di teleriabilitazione e di psicoterapia. I benefici sono visibilmente verificabili con la riduzione dell'ansia, della sensazione di isolamento e di abbandono. L'uso della Telemedicina ha ovviamente posto nuovi problemi, in primis l'operatore sanitario deve conoscere bene la tecnologia che utilizza, deve avere una buona padronanza per raggiungere risultati efficaci".

Quali sono gli errori più comuni nella comunicazione a distanza?

"La distrazione: non bisogna mai dimenticare che dall'altra parte dello schermo, anche se distante fisicamente, c'è una persona, è fondamentale rimanere concentrati sul dialogo. Poi il luogo, la scelta del setting, da dove collegarsi e come presentarsi. Infine, il rischio della banalizzazione del messaggio che passa soprattutto dalla incapacità di ascoltare adeguatamente l'altro."

Su cosa deve puntare la formazione in questo ambito?

"La tecnologia ci aiuta, ma richiede una preparazione adeguata per mettere a proprio agio il paziente e saper dare le risposte più appropriate. La comprensione del bisogno, l'ascolto, l'attenzione all'altro deve rimanere centrale. La teleconsulenza dovrebbe essere proposta, infatti, ai migliori professionisti proprio perché richiede un impegno maggiore da parte dell'operatore. La conduzione dell'intervista, per avere quelle informazioni che in altri tempi avremmo raccolto in ambulatorio in presenza, deve seguire una scaletta ben precisa, le domande devono essere mirate. Poi, non mi stanco di ripetere, la parola chiave è: ascoltare."

Cosa resterà di questa accelerazione tecnologica quando l'emergenza sanitaria sarà finita?

"Ci saranno dei cambiamenti legati all'esperienza che è in corso in ognuno di noi, perché stiamo apprendendo cose nuove. Da questa esperienza sono sicuro che, grazie anche ad una formazione professionale di alto livello, sapremo cogliere le opportunità per migliorare la relazione terapeutica e gli aspetti innovativi utili alla nostra attività quotidiana, dalla psichiatria alla riabilitazione".

2020-11-18